Il saluto della Primula

primula

David Zonta – Torino –

Nel mese di Febbraio iniziamo a scalpitare. Non se ne può più del freddo e il desiderio di Primavera e di bella stagione è fortissimo. Persino il mese è più corto degli altri, affinché possa finire in fretta e dare inizio al tanto atteso Marzo.

I campi di mattina sono tutti bianchi di gelo, le montagne in lontananza di neve, e l’aria che soffia è fredda da tagliare gli orecchi. Il terreno è croccante sotto i piedi e tutto pare morto, secco, ghiacciato. Adoro spaziare in questo freddo a passo lento e mi piace volgere lo sguardo indietro per vedere il disegno delle mie orme sulla terra bianca. Non so il perché ma le orme, segno del passaggio, mi affascinano sempre tanto. E proprio voltandomi indietro a guardare questo gioco d’impronte che qualche giorno fa, in una campagna poco fuori città, ho visto in lontananza una macchia colorata spuntare dall’erba rinsecchita.

Ma che presunzione sfidare l’inverno, incubo di ogni essere vegetale, mi son detto. Avvicinandomi l’ho riconosciuta: foglie  carnose e fiori a calice, giallo tenue sulla corolla, vagamente rassomigliante ad una trombetta. Era una piantina spelacchiata di Primula selvatica che mi salutava e immediatamente sono rinvenuti in me ricordi d’infanzia, quando con i fiori di questa piantina ci suonavo. Che gioia vederla lì, fiorita e confusa da questo meteo che non si capisce.

La primula selvatica normalmente fiorisce a fine mese annunciando la fine del freddo. La possiamo avere sui nostri balconi e nei nostri giardini per poterne godere appieno dell’allegria ma anche del gusto, in quanto è commestibile, fiori e foglie comprese.

Il nome del genere Primula deriva dal latino primus, e la cosa curiosa che ho scoperto è che all’inizio del Rinascimento questo termine indicava indifferentemente qualsiasi fiore che sbocciasse appena finito l’inverno. Primule erano le margheritine, primule i bucaneve e così via.

Con il tempo si è guadagnata l’esclusività del nome, e ora la Primula rappresenta l’inizio della primavera, la gioia e la tenerezza. Personalmente la vedo come un grande tondo sorriso scanzonato e un po’ furbetto, che dopo un lungo sonno si sveglia con la voglia di combinare qualche allegra marachella, del tipo che non appena gli volti le spalle, ti fa una pernacchietta. Proprio come il suono che si genera soffiando dentro a quel simpatico fiore a forma di trombetta,  che ha il sapore di primavera

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